Chi dice e chi tace


Chi dice e chi tace non è un giallo, ma racconta di un’indagine. Ambientato negli anni Novanta del Novecento, ha per protagonista l’avvocata Lea Russo che, dopo la morte improvvisa di un’amica, scopre una serie di cose sul suo conto che non sapeva, e impara anche qualcosa di sé che fino a quel momento non aveva capito.

La vicenda è ambientata a Scauri, paese natale dell’autrice, al confine tra Lazio e Campania. Scauri è la tipica località di provincia sul mar Tirreno, dove d’estate si riversano masse di turisti e villeggianti, fino a raddoppiare il numero degli abitanti; un piccolo centro dove si sa tutto di tutti, dove nulla passa inosservato.

Il teatro dei fatti narrati è una lunga spiaggia di sabbia che corre parallela alla via Appia tra due colline, un lungomare pieno di oleandri scandito da stabilimenti colorati e a volte sbiaditi, ognuno diverso dall’altro: la Tintarella, il Lido Delfini, il Lido del Pino, il Lido Maria, e molti altri. E poi la pizzeria Lu Rusticone, il bar Luccioletta, due chiese, una sola vera piazza. Poco più a sud scorre il fiume Garigliano e inizia la Campania. Subito a nord ci sono Formia, Gaeta, Sperlonga; in meno di due ore si arriva a Napoli e a Roma.

Lea Russo è sposata con Luigi, professore di fisica, ha due bambine ed esercita a Scauri la professione di avvocato. Una mattina, mentre si trova nel suo studio, arriva inaspettata a Lea la notizia della morte di Vittoria. Una disgrazia: un qualche incidente l’ha portata ad affogare nella vasca, proprio lei che era una nuotatrice eccezionale.

L’annuncio viene da Mara, la donna con cui Vittoria conviveva. C’erano molte voci in paese su di loro, alla luce della grande differenza d’età che correva fra le due donne: chi diceva che Mara fosse la figlia di Vittoria, chi, invece, che l’avesse adottata o rapita; l’ipotesi di un rapporto amoroso fra le due, era passata sotto silenzio.

Nei primi anni Settanta, la seduttiva quarantenne Vittoria e la bella diciottenne Mara erano arrivate in paese. Vittoria aveva cominciato a lavorare in farmacia, Mara aveva aperto una pensione e una toletta per cani e gatti, la loro casa era sempre aperta per tutti.

Ma come fa una nuotatrice provetta, una che si tuffa a mare d’inverno e d’estate, a morire affogata a casa sua? Lea vuole capire come e perché possa essere accaduto e si ritrova ossessionata dal bisogno di comprendere meglio chi era davvero Vittoria.

A Scauri era stata accolta nonostante i cuoi comportamenti bizzarri, aliena com’era alle norme sociali; farmacista con competenze da medico, appassionata di botanica, generosa, decisa, socievole e allegra con chiunque, ma misteriosamente restia a parlare del proprio passato.

Lea Russo si considerava sua amica, eppure, con la sua morte, comincia a rendersi conto di quanto poco sapesse di lei e matura l’ansia di scoprire la verità sulla morte e sul suo passato, tenuto così gelosamente nascosto. E insieme a questo desiderio, si insinua in Lea il dubbio che il suo interesse per Vittoria avrebbe potuto essere qualcosa di più, che la sua vita avrebbe potuto prendere un’altra strada, se solo non si fosse legata a Luigi, se non fosse rimasta a Scauri.

Anche se le certezze di Lea cominciano a vacillare, la protagonista mantiene una coraggiosa apertura verso le dinamiche nascoste, che va pian piano scoprendo, e che attraversano tutta la vicenda e la comunità di Scauri.

“Chi dice e chi tace” racconta un ambiente provinciale legato al piccolo paese, che potrebbe tuttavia essere una qualsiasi realtà sociale nell’Italia di oggi, dove il confine tra privato e pubblico è spesso squilibrato da una pratica diffusa e feroce al pettegolezzo e al giudizio, quando non al pregiudizio vero e proprio, di cui questo romanzo costituisce una denuncia delicata ma vigorosa.

A partire da tale realtà e dalla dimensione romanzesca costruita, l’autrice sembra invitare i lettori ad assumere una posizione critica e, possibilmente, propositiva per il superamento dei possibili risvolti conflittuali insiti nel contesto descritto. Il romanzo non si fa manifesto, e il suggerimento alla riflessione sociale rimane nel contesto letterario che gli appartiene: senza forzature, con una prosa leggera, elegante, e uno stile analitico.

Al centro del romanzo c’è, innanzitutto, l’amore tra donne, in tutte le sue sfaccettature: l’amore passionale, ma anche quello filiale, l’attrazione, l’amicizia, la complicità. A questo si intreccia il tema delle difficoltà dell’essere donna in un mondo patriarcale, tanto più se piccolo e chiuso, avendo un desiderio di emancipazione di cui Vittoria è l’emblema. Un desiderio che Lea, sposando Luigi, ha dovuto abbandonare per alcuni aspetti della sua vita, pur avendo trovato un compagno aperto e progressista, ma pur sempre imbevuto della cultura in cui è cresciuto.

Il tema principale, tuttavia, è quanto sia sottile il confine fra desiderio e sopruso, fra cura e possesso: «Tutte queste cose insieme e una per una mi avevano fatto cadere nella trappola che cominciavo a intravedere in questa storia e cioè che premura e seduzione hanno gli stessi gesti. Farmaco e veleno».

Farmaci e veleni sono composti degli stessi ingredienti; cambiano semplicemente i dosaggi. Allo stesso modo, questa dimensione della cura, della seduzione e dunque del possesso usano lo stesso linguaggio: cambia solo la misura, il peso.

Attraverso l’indagine condotta da Lea Russo, avvocata e protagonista del romanzo, Chiara Valerio conduce il lettore in un viaggio che è molto più di una semplice ricerca della verità su un incidente mortale. È, piuttosto, un’esplorazione profonda dell’animo umano, delle sue contraddizioni e dei suoi segreti più insondabili. Lea, affascinata da Vittoria ben prima della sua morte, si trova a riconsiderare non solo quello che credeva di sapere sulla defunta, ma anche sulle persone che la circondano e, in ultima analisi, su sé stessa.

Il mistero della morte di Vittoria appare sin da subito come il pretesto per andare molto più a fondo. Perché “Chi dice e chi tace” è un giallo che sotto nasconde molto di più: l’indagine è psicologica, intima, filosofica. Coinvolge Vittoria e la sua compagna, ma anche Lea, e perfino Scauri. Coinvolge senza ombra di dubbio anche noi lettori che, ad ogni pagina, veniamo interrogati sul nostro modo di leggere le relazioni e i legami.

La narrazione avvolge il lettore facendogli perdere via via la percezione netta della realtà per condurlo in un mondo dove ciò che si vede è solo la punta dell’iceberg. I temi dell’apparenza e della realtà, dell’essere e del sembrare, sono giocati con abilità, costringendo il lettore a interrogarsi sulle proprie convinzioni e percezioni.

“Chi dice e chi tace” è, quindi, un romanzo che si legge con il fiato sospeso, in apparenza per scoprire la verità dietro la morte di Vittoria, in realtà per affrontare le domande universali che essa solleva: l’opera, infatti, si svolge su più piani, tessendo una trama ricca di sfumature psicologiche e di spunti di riflessione.

È il mio primo romanzo di questa autrice e confesso che, all’inizio, ho trovato la sua prosa piuttosto irritante: parole affastellate, periodi talvolta ellittici, scarsità di punteggiatura, assenza delle virgolette caporali nei dialoghi, aggettivi impiegati in modo incongruo. Ma, proseguendo nella lettura, tutte queste asperità sono scomparse dalla mia percezione e sono stata letteralmente irretita nel suo gioco, senza potermi staccare dal libro fino alla fine.

«Volevo raccontare la storia d’amore tra due donne e volevo raccontare che la cura e il possesso hanno gli stessi gesti, sono come il veleno e il farmaco, dipendono dalla proporzione» racconta Chiara Valerio in un’intervista. «Volevo raccontare che un paese somiglia a una pianta, pensa con le radici sottoterra, invisibile. Volevo raccontare di una donna che perde tutte le certezze della vita ma non ha paura, nonostante tutto intorno a lei, tremi».

Credo proprio che ci sia riuscita.