Se, come scrive Calvino, un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire, “Bel Ami”, scritto da Guy De Maupassant alla fine dell’Ottocento, è un grande classico, per l’attualità della storia e, soprattutto, del suo protagonista Georges Duroy, il cui nomignolo Bel Ami inquadra perfettamente il suo unico e sconcertante talento: quello di intessere relazioni profittevoli. Siamo nella Francia della Terza Repubblica, ma, coi dovuti aggiustamenti, la vicenda potrebbe svolgersi ai giorni nostri. Duroy non è che un cialtrone divorato dal desiderio di successo e disposto a tutto per ottenerlo: è opportunista, cinico, ambizioso, senza scrupoli, invidioso, mediocre e non ama nessuno. Non sa scrivere ed è piuttosto ignorante, ma fa il giornalista. Non è nobile, ma si atteggia come se lo fosse. Non è ricco, ma si finge, spendendo molto più di quel che potrebbe. Non è un gentiluomo, maltratta e tradisce, eppure piace alle donne. E le usa, senza nessuno scrupolo morale. Oggi forse diremmo che Duroy è un narcisista, incapace di mettersi nei panni altrui. Si arrampica con feroce determinazione sulla scala sociale, pur senza alcun merito, eppure, nessuna conquista soddisfa il suo animo insaziabile ed egoista, perché l’ambizione si mescola all’invidia e ogni risultato non basta a placare la sua ingordigia di successo, che crede di meritare. Maupassant fa parlare la realtà così come la osserva, con spirito arguto e ironico e una prosa raffinata in cui il disprezzo si mescola a un distacco quasi divertito; è la sua scrittura sapiente a rendere digeribile il suo protagonista, e a farne un mediocre anche come personaggio letterario, davanti al quale il lettore non prova la repulsione e il disgusto che pure meriterebbe, ma più facilmente scuote la testa, nella rassegnata certezza che tipi simili sono quasi sempre, oggi più di ieri, considerati dei vincenti.
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