Premetto che le biografie romanzate di personaggi celebri mi suscitano qualche pregiudizio, innanzi tutto per la recente ipertrofia del genere, che affolla le librerie con una sterminata produzione di polpettoni letterari su imperatori, concubine, santi e condottieri, per non dire delle saghe familiari dai cognomi celebri.
Ma, oltre alle ragioni quantitative, opera in me anche un pregiudizio di ordine qualitativo: una biografia romanzata sta, per sua natura, tra la storiografia e la letteratura, in un equilibrio del tutto arbitrario, nel senso che l’autore opera inevitabilmente delle scelte sul come, cosa, quando e quanto raccontare e questo, se è certamente vero anche per le biografie più fedeli alle fonti, (dalle Vite parallele di Plutarco in poi), si traduce in una libertà autoriale assoluta di invenzione, laddove la biografia sia dichiaratamente romanzata, dando vita così ad una storia in cui il nome noto, in fondo, può ridursi a poco più di una strategia di marketing.
Aggiungo che nel nostro mondo sempre più confuso tra reale e inventato, il gioco di sostituire la storia con la narrativa mi pare un azzardo su larga scala e mi lascia la sgradevole impressione di assistere alla prova arrogante di chi si appropria di vicende realmente accadute a persone realmente vissute, per costruire una finzione, mai del tutto originale per suo stesso limite genetico.
Detto questo, l’idea di conoscere la vicenda umana di una donna pioniera nel campo della scienza e vissuta in epoca in cui alle donne era precluso praticamente tutto ciò che non fosse il ruolo di moglie e madre, mi è parso di qualche interesse. Da qui la scelta di questo libro.
Marie Curie, conosciuta al mondo col cognome del marito, è nata a Varsavia in Polonia il 7 novembre 1867 ed è morta a Passy, in Francia, il 4 luglio del 1934 per un’anemia causata dai lunghi anni di esposizione alle radiazioni. È stata la prima donna, o, più correttamente, la prima persona ad aver vinto due premi Nobel: il primo nel 1903 per la Fisica, condiviso con il marito Pierre Curie e con un altro fisico francese, per la scoperta della radioattività; il secondo per la Chimica, nel 1911, da sola, per la scoperta del polonio e del radio.
Tutta la sua vicenda umana, come è facilmente immaginabile, è caratterizzata dagli infiniti ostacoli che la società del tempo frappose tra la sua passione di scienziata e il suo talento per la ricerca, e la possibilità di darvi corso in quanto donna, a cominciare dagli studi, per finire con i riconoscimenti per il suo lavoro.
Fin da piccola, Marie manifesta una sconfinata passione per la scienza, in questo incoraggiata dal padre. Nella Polonia occupata dai russi, dove alle donne era impedito di studiare oltre un certo livello, Marie e la sorella Bronia, che sarebbe poi diventata medico, frequentavano, a rischio della vita, un’università segreta che teneva lezioni in case private sempre differenti, e che non solo era aperta alle donne, ma conservava e tramandava di nascosto l’identità culturale nazionale che la Russia voleva cancellare.
Intorno al 1890, Marie diventa istitutrice presso una nobile e ricca famiglia polacca nella speranza di poter aiutare economicamente Bronia a partire per Parigi dove conseguire la laurea in medicina. In quella casa incontrerà un’anima affine, ma si scontrerà con le convenzioni sociali, sperimentando la prima e più cocente delusione amorosa della sua vita, che la spingerà a mettere sempre la carriera davanti a tutto.
Infine, raggiungerà Bronia a Parigi, dove conoscerà Pierre Curie, lo sposerà e lavoreranno fianco a fianco nel loro laboratorio. La tragica morte di Pierre, finito sotto un pesante carro il 19 aprile del 1906, sarà per Marie una terribile tragedia. Solo l’affettuosa presenza di Bronia le darà la forza per continuare il lavoro iniziato, ricominciare a occuparsi delle figlie Irène ed Ève, insegnare all’Università e vincere ancora un Nobel.
Nonostante il rimpianto mai cessato per la scomparsa dell’amatissimo marito, qualche anno dopo, Marie iniziò una travagliata relazione con il collega ed ex allievo di Pierre, Paul Langevin, sposato e padre di quattro figli. I due innamorati affittarono un appartamento insieme vicino alla Sorbona per incontrarsi lì ogni volta che potevano.
La moglie di Langevin, capito cosa stava succedendo, fece fuoco e fiamme, dichiarando apertamente l’intenzione di liberarsi della rivale. Infatti aggredì Marie Curie per strada e la insultò pesantemente, minacciandola di morte e intimandole di lasciare la Francia. Pur sconvolta, Marie rifiutò di cedere alla violenza e lo scandalo divenne pubblico, rischiando di farle perdere il secondo Nobel.
Dopo la partecipazione dei due amanti al Congresso Solvay a Bruxelles, insieme ad altri cervelli eccezionali del Novecento, uno sconosciuto, probabilmente prezzolato da Madame Langevin, entrò nell’appartamento degli amanti e rubò le loro lettere, che avevano ingenuamente conservato, e che furono date in pasto ai giornali.
Ne nacque una vergognosa campagna di stampa contro Marie, l’ebrea polacca che voleva fare lavori da uomo, in un rigurgito virulento di antisemitismo, xenofobia e misoginia, che mai si sarebbe scatenato per una banale questione di adulterio (peraltro da parte di lui soltanto, considerato che lei era vedova), se si fosse trattato di una donna “normale”. Ma fu proprio la sua straordinarietà a non poter essere perdonata.
Marie Curie, seppur a fatica, resse il colpo e, nonostante le fosse stato sconsigliato, si recò a Stoccolma a ritirare il suo secondo Nobel, che dedicò al marito scomparso, ribadendo, in una lettera agli organizzatori, come “non ci sia nessuna connessione fra il mio lavoro scientifico e i fatti della mia vita privata”. Già. In conclusione una scienziata e una donna che merita, nell’uno e nell’altro ruolo, tutta la nostra ammirazione.
E il libro? Sulle biografie romanzate in generale ho già espresso il mio parere; nel caso di specie, mi risulta che l’autrice, approfondendo le vicende personali e sentimentali della protagonista, più che quelle professionali, abbia voluto riempire il vuoto che l’interessata stessa ha lasciato nella sua breve autobiografia, che risale al 1923 e si occupa degli studi, delle ricerche e della vita col marito, tacendo di Langevin e dello scandalo. Il romanzo è pertanto anticipato dalla precisazione che si tratta di un’opera di fantasia nella quale «qualsiasi riferimento a eventi storici e a persone e luoghi reali è usato in chiave fittizia»: in effetti, la ricostruzione della vicenda di Marie Curie è soprattutto l’occasione per raccontare la vita amorosa della scienziata.
La narrazione presenta parti più coinvolgenti e parti che risultano molto fredde, non soltanto per i temi trattati (in particolare gli aspetti scientifici), ma anche per il linguaggio e l’atmosfera del racconto, che resta sempre un poco distaccata, nonostante la narrazione in prima persona. L’ho letto senza fatica, ma non ne sono rimasta entusiasta.
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