Oggi, 21 dicembre, è il giorno più corto dell’anno. Almeno per tutti i luoghi dell’emisfero settentrionale, mentre è il più lungo per quelli dell’emisfero meridionale. Il fenomeno è dovuto all’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre e coincide con il momento in cui il sole, nel suo moto apparente nel cielo, si posiziona nel punto più basso: in questo giorno, sul nostro emisfero, i raggi del sole illuminano una superficie minore di quella che rimane in ombra.
Contrariamente a quanto si ritiene comunemente, quindi, non è Santa Lucia il giorno più corto dell’anno, ovvero il 13 dicembre, ma è il solstizio che apre la stagione invernale. Cioè, appunto, oggi.
Da domani saremo in inverno, ma le ore di luce inizieranno a crescere e lo faranno ogni giorno di più, fino al solstizio d’estate, a giugno, quando si invertirà la tendenza e le ore di luce ricominceranno a calare.
Questa magica ciclicità ha affascinato l’uomo fin da tempi remotissimi, tanto che, anticamente, il giorno del solstizio d’inverno era legato alla festa pagana del Sol Invictus, il sole che non conosce sconfitta, perché non può essere vinto dall’incombente notte, e, quando raggiunge il punto più basso, ecco che ricomincia pian piano a sopravanzare sulle ore di buio, riportando la terra alla vita fiorente della primavera.
Da qui nasce, probabilmente, la progressiva sovrapposizione del culto pagano al simbolismo solare associato alla nascita di Gesù. L’annuncio dell’arrivo di un Sole di giustizia, presente nella Bibbia, nel libro di Malachia, è stato interpretato dai cristiani come un annuncio profetico della nascita di Cristo. “Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli dalla stalla.” (Malachia, 3, 20)
Nel tardo impero romano il solstizio d’inverno e il culto del Sol Invictus hanno verosimilmente avuto un ruolo fondamentale nell’istituzione e nello sviluppo del Natale cristiano, anche se non ci sono evidenze definitive di questa relazione.
La celebrazione del Natale si sovrappone approssimativamente alle celebrazioni del solstizio d’inverno e alle feste dei saturnali romani, che si svolgevano nell’antica Roma dal 17 al 24 dicembre in onore di Saturno, e durante i quali avvenivano scambi di doni e sontuosi banchetti.
Il Natale costituisce probabilmente l’esempio più significativo di come una tradizione pagana sia stata assorbita dal Cristianesimo e abbia assunto un nuovo significato.
Quando i missionari cristiani iniziarono la conversione dei popoli germanici, adattarono alla tradizione cristiana altre feste pagane, riconducendole alle celebrazioni del Natale, pur mantenendo alcuni dei riti e dei simboli originari, come l’uso decorativo del vischio e dell’agrifoglio, l’abete addobbato e il nome Yule o Jule, che nelle lingue nordiche significa appunto Natale.
Il rischio di sincretismo religioso è visto con preoccupazione dalla Chiesa, ma qui parliamo di fatti ormai storici, perciò il sincretismo è soprattutto culturale, senza nulla togliere alla fede, per chi ce l’ha.
Ciò che mi affascina è che, in questo tempo dell’anno, da sempre, esistono celebrazioni legate ai ritmi della terra e delle stagioni, si celebra una nascita o una rinascita, si seguono riti benauguranti per un nuovo inizio del tempo della luce, ci si adatta al ritmo della natura, che riposa nel freddo invernale e si prepara a una nuova fioritura.
Certo, se mi guardo intorno, nella città impazzita di traffico, luminarie e shopping natalizio, il filo rosso che viene dal passato e ci lega a una tradizione antichissima lo perdo un po’ di vista; ma se sto dietro ai vetri della finestra a guardare il cielo grigio, nel silenzio della casa, con una bevanda calda e una candela accesa, allora lo sento un po’ di più.
Per me il Natale è sempre magico, non solo nei ricordi, e mi spiace sentire tante persone che odiano le feste, si lamentano delle famiglie riunite, del calvario dei regali, persino delle abbondanti libagioni.
È come lamentarsi della neve: certo, quando arriva in città è un disastro: spalare, guidare, parcheggiare, l’apocalisse; ma se ti fermi un attimo a guardare i fiocchi che volteggiano giù dal cielo, senti una pace profonda che ti scende dentro ed è sempre come tornare un po’ bambini.
Auguro a tutti un solstizio di rinascita e un Natale magico e pieno di gioia.
“Onorerò il Natale nel mio cuore, e cercherò di conservarmi in questo stato d’ animo per tutto l’anno.”
(Canto di Natale, Charles Dickens)
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