“Io: trentotto anni, mai sposata, mediamente soddisfatta di me e del mio lavoro da insegnante; figlia unica, vivo da anni in un piccolo appartamento messo a disposizione dai miei genitori, che già dopo la laurea mi avrebbero voluto moglie e madre, ma sono bravi e non me lo dicono troppo spesso. Lui: anni quarantadue, di professione manager in una grande azienda, decisamente affascinante, mai sposato, una figlia adolescente da una precedente relazione. Ci conosciamo tramite comuni amici e l’attrazione è subito reciproca; seguono cene in bei ristoranti, weekend al lago o ai monti, cinema per cui entrambi abbiamo una passione, uscite sempre in due; il sesso è un sogno, lui preferisce casa mia. Insomma tutto così perfetto che ho paura a pensarlo. Per il mio compleanno, quando la storia va avanti da circa sei mesi, organizzo una cena fra amiche, solo donne che conosco da una vita; lui è l’argomento principale, mi vogliono bene e sono contente per me. A fine serata, un’amica si ferma per aiutarmi a mettere a posto; a un certo punto mi chiede se io e lui abbiamo progetti futuri e io non so cosa rispondere. Ci penso tutta la notte e anche il giorno dopo, a pranzo dai miei; questo fine settimana lui è via: dato che avevo i festeggiamenti in famiglia, ha approfittato per un weekend sulla neve, che io non amo. Adesso, improvvisamente mi pare strano. Perché non c’è per il mio compleanno? Mi accorgo di colpo che abbiamo vissuto alla giornata, non abbiamo mai parlato di noi come coppia, non ci siamo mai fatti promesse, non abbiamo mai preso nessun impegno, non ho mai conosciuto i suoi amici, né tanto meno sua figlia. Il mio regalo di compleanno è un libro di cui avevamo parlato e che volevo leggere: ma non è un regalo romantico e sono delusa. Faccio buon viso a cattivo gioco, ma ho bisogno di capire, mi servono rassicurazioni, vorrei interrogarlo e mi trattengo a fatica perché sento che non gradirebbe. Improvvisamente quello che c’è fra noi non mi pare più tanto bello. Mi chiedo quali sono le mie aspettative e mi accorgo che non ci avevo pensato, ma certamente non queste. Nei giorni seguenti è come se si fosse rotto qualcosa, io sono combattuta, ma alla fine butto lì qualche domanda; sembra meravigliato, dice che stiamo benissimo insieme, che non c’è bisogno di altro; è sfuggente e chiaramente infastidito. Ne esco a pezzi. Mi sento umiliata, come una che elemosina qualcosa che l’altro non intende dare. Cerco di recitare la nostra normalità, ma sto malissimo e non so cosa fare; non vorrei rinunciare a una storia che fino a ieri mi pareva perfetta, ma adesso lui mi sembra un estraneo che ogni tanto viene a letto con me.”
Cara C., innanzi tutto grazie per la fiducia che mi dimostri chiedendo il mio parere e, per correttezza, premetto che non ho verità da insegnare a nessuno, solo riflessioni da condividere.
Da quello che racconti pare che il tuo uomo abbia i tratti distintivi delle persone con attaccamento evitante; si tratta di soggetti che in amore e, in generale nelle relazioni, tendono a evitare gli impegni, temono e rifuggono l’intimità e faticano a legarsi in modo profondo e significativo con qualcuno. Sembrano sentirsi minacciati a livello emotivo dall’eccessiva vicinanza e hanno bisogno di mantenere una distanza per sentirsi al sicuro.
Chi vive una relazione con un partner evitante potrà fare esperienze piacevoli e anche sentirsi dire “ti amo”, ma difficilmente vedrà concretizzarsi il rapporto con gesti o progetti a lungo termine, che facciano impegnare in modo profondo e significativo il compagno, il quale evita di prendere delle decisioni riguardo al futuro, mantenendosi il più possibile sul vago.
Altro tratto che ti può far capire se hai a che fare con una persona che vive l’attaccamento in modo evitante, può essere il linguaggio, in cui prevalgono termini come indipendenza, autonomia o libertà e il pronome “io” è molto più utilizzato del “noi”; il partner che ha bisogni diversi e vorrebbe una relazione più intima, rischia di essere criticato perché troppo presente, appiccicoso o geloso.
Una delle caratteristiche principali della relazione con un evitante è la mancanza di definizione: evitare di definire quello che ha con te, evitare di stabilire abitudini condivise, mantenendo invece la precarietà degli incontri e i modi che di solito sono tipici dei primi tempi, serve a difendersi dai legami troppo stretti e dalla vulnerabilità che ne consegue.
Questa è anche la ragione per cui l’evitante non parla volentieri di sentimenti, soprattutto dei propri, cosa che può causare frustrazione e incertezza; inoltre prova disagio di fronte alle tue emozioni negative, rispondendo in modo altrettanto negativo, manifestando freddezza e mettendosi sulla difensiva davanti a richieste emotive che non sa soddisfare.
L’incapacità di portare la relazione a un livello di importanza maggiore, negando alla storia prospettive future e rifiutandosi di parlare di impegni e progetti condivisi, è la naturale manifestazione della sua paura di legarsi; inoltre, mostrare affetto solo a livello sessuale, ma non nella quotidianità, è la dimostrazione dell’incapacità di gestire le proprie emozioni.
Il partner che dovesse insistere, rivendicando il suo bisogno di una maggior vicinanza e di un’intimità più autentica, rischia una presa di posizione radicale, in cui l’evitante si mostrerà inflessibile, mettendo in chiaro, ogni volta che lo ritenga necessario, di venire prima di te e di non voler fare rinunce o scendere a compromessi; se ti mostrerai afflitta da queste sue affermazioni, ti giudicherà pesante e non comprenderà il tuo dispiacere.
Si tratta purtroppo di una situazione che può risultare molto dolorosa per il partner sensibile, che si sente allontanato e rifiutato e non raramente si può innescare un meccanismo che si autoalimenta, minando nel profondo la sua autostima, poiché più insiste a pretendere una vicinanza che l’altro sente minacciosa e non intende concedere, più l’evitante si mostrerà distaccato e freddo, in un circolo vizioso distruttivo per la relazione e per il benessere di entrambi.
Mi dispiace di non avere notizie confortanti da darti, ma l’evitante difficilmente cambierà; non è detto che sia davvero felice del suo modo di essere, ma questo non consola e comunque non lo ammetterebbe mai; né consola sapere che non è un trattamento riservato a te per mancanza di reale interesse, è il suo unico modo di stare in relazione: si tratta perciò di un uomo con un mondo interiore molto povero e molto difeso, derivante, secondo la teoria dell’attaccamento dello psicologo inglese John Bowlby (1907-1990), dal modello relazionale sperimentato con la figura prioritaria della sua infanzia, presumibilmente la madre.
Naturalmente, quello che ho esposto è un modello astratto e non è detto che il tuo uomo vi corrisponda al 100%; questo soltanto tu puoi verificarlo dall’interno della relazione; eviterei comunque l’illusione di poterlo “salvare” o, peggio “guarire”; ne ricaveresti solo un immenso senso di frustrazione e impotenza. Quello che puoi fare è chiederti sinceramente se puoi accettarlo così com’è, e goderti la relazione così come te la propone, ma devi essere molto onesta con te stessa, perché, se rinunci ai tuoi bisogni reali, l’infelicità è assicurata.
Le persone con questo modello di attaccamento relazionale, a me danno un immenso senso di amarezza, mi sembrano uno spreco di possibilità e di vita, per questo mi ricordano il verso della canzone “Indaco dagli occhi del cielo”, di Zucchero Fornaciari, che a mio avviso li descrive perfettamente e mi dà la percezione di una perdita irrimediabile: “l’amore invano”, perché non basta che ci sia il sentimento, se non si riesce a donarsi.
Ti auguro il meglio
Se volete parlarmi delle vostre relazioni, scrivete a flavia@flaviagiovanardi.it e raccontatemi la vostra storia; io vi risponderò. In ogni caso non saranno pubblicati né il vostro nome, né il vostro indirizzo mail.