Astri
Mai come in questo periodo dell’anno, impazzano gli oroscopi, le previsioni, le classifiche della fortuna per l’anno che verrà.
Il desiderio di conoscere il futuro è nato probabilmente insieme all’uomo. In Oriente come in Occidente, fin da tempi antichissimi, indovini, sacerdoti, maghi e astrologi predicevano il futuro interpretando eventi atmosferici, comete e moto degli astri, comportamenti animali, nascite mostruose, tavolette d’argilla, fuoco, sogni, ossa e viscere e l’arte divinatoria era arte sacra.
In Occidente, le prime tracce di conoscenza astronomica e astrologica risalgono alle civiltà mesopotamiche dei Sumeri, dei Babilonesi e soprattutto dei Caldei; lo zodiaco, o il suo più diretto progenitore, sembra essere nato in Mesopotamia.
Nel paganesimo occidentale e nelle altre culture dell’età antica si credeva in una stretta contiguità tra uomini e divinità, e la natura era percepita come parte integrante del divino; da qui la diffusione di molteplici usanze finalizzate a comprendere il volere degli dei, e a interrogarli per ottenere responsi sugli argomenti più diversi.
Nel bacino del Mediterraneo la divinazione, o mantica, era divisa in due fondamentali categorie: la mantica induttiva e la mantica intuitiva. Nel primo caso, il contatto con la divinità avveniva tramite la lettura di segni oggettivi, offerti dal mondo naturale o direttamente provocati, la cui interpretazione era affidata a sacerdoti specializzati nella scienza divinatoria, come gli àuguri che leggevano il volo degli uccelli o gli astrologi che leggevano le stelle.
Nel secondo caso, la voce degli dei si manifestava invece in modo più immediato, attraverso le parole proferite da una figura umana direttamente ispirata dal dio. I responsi erano solitamente oscuri, ambivalenti, “sibillini” appunto, dal termine Sibilla con il quale venivano indicate donne veggenti, miracolosamente longeve, dotate del dono di parlare in nome del dio.
In un primo tempo l’astrologia fu respinta con fermezza a Roma in quanto giunta attraverso schiavi provenienti dall’Oriente: Catone il Censore e Cicerone si espressero contro i “caldei” e addirittura, nel 139 a.C., gli astrologi, gli indovini e i seguaci delle dottrine asiatiche o neopitagoriche vennero espulsi dalla città.
L’astrologia tornò popolare a Roma con Giulio Cesare e venne tenuta in grande considerazione a partire dall’età di Augusto.
Il Cristianesimo, una volta raggiunto il predominio religioso sull’Occidente, si oppose apertamente alla visione fatalistica, laica o tendenzialmente pagana dell’astrologia, attribuendo al solo Dio cristiano il potere di influire sul destino dei viventi, tuttavia l’astronomia e l’astrologia non erano separate e la teologia si preoccupò di integrare le dottrine cosmologiche del tempo, che provenivano da quegli studi, rendendole compatibili con la religione.
L’astrologia antica trova una figura di grande spicco in Claudio Tolomeo che, oltre ad aver definito nell’Almagesto il modello astronomico geocentrico utilizzato per secoli, fino alla rivoluzione copernicana, raccolse la conoscenza astrologica in un’opera fondamentale, il Tetrabiblos (II sec. d.C.), in cui, con un approccio rigoroso e scientifico, analizza i movimenti degli astri facendo riferimento alle conoscenze dei Caldei e alla dottrina pitagorica dell’armonia universale.
Due erano i termini indicanti la duplice natura della dottrina degli astri, quello descrittivo e quello divinatorio, corrispondenti ad astronomia e astrologia, distinti con chiarezza, ma altrettanto esplicitamente connessi e orientati alla divinazione.
Precursore del metodo scientifico, preciso e matematicamente rigoroso, Tolomeo dà grande importanza ai cicli naturali e al susseguirsi delle stagioni, introducendo il concetto di Segno zodiacale legato appunto ai cicli naturali della Terra e distinto dalle costellazioni celesti, analizzando il Tema Natale e le informazioni in esso contenute.
Dopo la fine dell’Impero romano, l’astrologia sopravvisse nel lavoro degli astrologi arabi e, più tardi, grazie alle traduzioni dei loro testi, a partire dal XIII secolo ricomparve anche in Europa.
Nel Medioevo, la condanna delle diverse forme di divinazione risalenti al paganesimo da parte della Chiesa, portò alla distinzione fra l’astronomia descrittiva, che faceva parte delle arti liberali e rientrava nel bagaglio culturale comune, e l’astrologia divinatoria, valutata negativamente e definita “superstitio”, termine che richiama l’eccesso religioso irrazionale e acquisisce nel tempo un significato dispregiativo.
Ma non si deve immaginare che la distinzione tra astronomia e astrologia sia avvenuta in maniera radicale e in un momento preciso; il problema fondamentale affrontato da filosofi e teologi è come salvaguardare il libero arbitrio dell’uomo all’interno di un sistema cosmico dove ogni evento del mondo è determinato dai movimenti degli astri.
Dante stesso elogiò apertamente l’astrologia, citando spesso le costellazioni, e mostrando di conoscere il proprio segno zodiacale; quanto agli indovini che colloca all’Inferno, nella quarta bolgia dell’ottavo cerchio, condannati ad avere il capo volto all’indietro e piangersi sulla schiena, sono puniti non tanto per la divinazione in sé, cui il poeta non nega validità oggettiva, quanto per il suo uso fraudolento mirato a confondere l’arbitrio umano, allontanandolo da Dio.
Keplero e Galileo praticavano l’astrologia, redigevano gli oroscopi e facevano previsioni; tuttavia, proprio grazie alla fondazione del moderno metodo scientifico, le strade di astronomia e astrologia stavano per separarsi definitivamente.
Con l’Illuminismo e la crescente fiducia nella scienza, l’astrologia tornò a subire un drastico declino: fu declassata a superstizione, relegata a scienza occulta ed esoterica, spogliata in sostanza di qualsiasi validità.
E così, mentre da un lato l’astronomia compiva passi da gigante con l’individuazione di nuovi pianeti (Urano fu scoperto nel 1781, Nettuno nel 1846 e Plutone nel 1930) e lo studio di sempre nuovi metodi di analisi e misurazione della materia celeste, l’astrologia scivolava nel mondo dell’occultismo e dell’esoterismo, schernita e allontanata dalla scienza ufficiale.
Verso la fine dell’Ottocento, grazie al diffondersi delle teorie teosofiche e antroposofiche e alla rivalutazione delle discipline sapienziali, ci fu, anche se in piccola parte, una rinascita dell’antica conoscenza.
Nel Novecento, la figura più spesso citata per riabilitare l’astrologia è quella di Carl Gustav Jung, psichiatra, psicoanalista, antropologo e filosofo svizzero, che negli studi astrologici vide condensate tutte le conoscenze psicologiche dell’antichità, quando la psicologia come scienza non esisteva. Affermò infatti che l’astrologia consiste in configurazioni simboliche dell’inconscio collettivo, che è il tema principale della psicologia: i “pianeti” sono gli dei, i simboli dei poteri dell’inconscio. In modo intuitivo, i dodici segni dello zodiaco diventano un compendio delle realtà psichiche, costituiscono ciò che Jung chiamò “archetipi”, ovvero schemi o modelli psicologici che popolano l’inconscio collettivo.
L’influenza dell’astrologia nella psicoanalisi è tuttavia messa in discussione da quasi tutti gli esperti del settore, che in essa vedono solo un insieme di miti e leggende immaginarie che mancano di validità, mentre le maggiori teorie psicoanalitiche sono basate sull’idea che l’essere umano è padrone del suo destino.
Altro tema spesso richiamato dall’astrologia moderna è quello della fisica quantistica che, mettendo in evidenza i limiti della fisica classica nella descrizione del mondo microscopico, sembra aprire la porta all’idea di un universo fatto di energie e vibrazioni, e del ruolo centrale di chi osserva i fenomeni, non dall’esterno, ma come parte del sistema, ovvero l’umano, energia fra le altre.
Continua …
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