Gli anni


Non è un romanzo nel senso comune del termine e nemmeno una biografia ordinata come una cronaca, ma un’autobiografia appassionata e dolente, una storia della propria esistenza nel flusso plurale di altre esistenze e delle vicende storiche francesi, in un arco di tempo che va dal 1940, anno di nascita dell’autrice, agli albori del terzo millennio.

È un libro impossibile da raccontare, perché qualsiasi riassunto apparirebbe come un elenco di avvenimenti e fatti; in realtà, non è questo che ci lascia la lettura, ma, al contrario, colpisce la capacità di rendere, con la scrittura, pubblico il privato e privato il pubblico, con una sensibilità civile e una delicatezza intimistica davvero non comuni, che generano pagine scorrevoli, nonostante la mole di informazioni che contengono.

La Ernaux, nata da famiglia modesta, laureata in legge, insegnante di lettere in un liceo di Rouen, ha una vita personale piuttosto tormentata: due figli, abbandonata dal marito, un amante giovanissimo, simpatizzante di movimenti femministi e strenua sostenitrice dei diritti civili compreso il diritto all’aborto, scriverà il suo primo romanzo nel 1974, ritirandosi infine dall’insegnamento dopo il 2000 e iniziando la stesura de “Gli anni”.

É una narrazione che si può definire collettiva, una visione seria e documentata, ma anche partecipata e struggente del tempo in cui l’autrice ha vissuto e che racconta citando avvenimenti, personaggi, vittorie e sconfitte, sempre mescolando il pubblico e il privato, con la capacità tutta femminile di evocare un’epoca attraverso le piccole cose, gli oggetti quotidiani, i costumi minuti delle persone, sullo sfondo degli avvenimenti di portata storica che coinvolgono la Francia, letti attraverso il filtro della passione civile e politica.

La narrazione inizia con i ricordi più lontani, nei primi anni del dopoguerra: molta miseria, la scuola con classi divise per sesso, la guerra d’Algeria raccontata come un buon intervento francese contro popolazioni barbare e pericolose. Annie cresce, finisce gli studi, si laurea, i primi agi le migliorano la vita; il marito e i figli danno un nuovo assetto al suo ambiente sociale; intanto, c’è il ritorno in politica di un De Gaulle invecchiato, e poi arriva il Sessantotto: un vento nuovo, la liberazione da ogni tabù, l’uguaglianza, il sogno di giustizia e libertà; la vita cambia, le donne fanno finalmente sentire la loro voce e le loro proteste, Annie si appassiona ai diritti civili e diventa una convinta sostenitrice del diritto all’aborto.

Gli anni ’80 portano altri cambiamenti: la mamma è morta, il marito l’ha lasciata, i figli sono ormai lontani. Lei è sola, mentre avvenimenti internazionali importanti sono alle porte: la caduta del muro di Berlino, la fine della segregazione dei tedeschi dell’Est, la guerra del Golfo, Eltsin che prende il potere in Russia, gli immigrati che, da ricchezza, diventano un problema per il numero sovrabbondante e le difficoltà di integrazione, la paura dell’AIDS che limita la libertà sessuale e la rende quasi impraticabile per paura del contagio.

I Presidenti francesi intanto si succedono, il consumismo impera sovrano, cellulari e PC non sembrano portare maggior benessere e né più stabile felicità. Alle soglie del nuovo millennio, troviamo Annie con i primi segni di vecchiaia, i figli maturi, le loro famiglie. L’autrice è sempre battagliera: sognava un altro mondo, non si riconosce in quello attuale, dominato dagli Americani e dalla loro arroganza, “conquistatori senza ideali, oltre ai dollari e al petrolio”.

La vita è sempre precaria, i figli sono laureati, ma vivono di lavori saltuari e supplenze; intanto cadono le Torri Gemelle, Putin sostituisce Eltsin, il mondo islamico comincia a modernizzarsi e a far paura, mentre la Cina incute preoccupazione puntando tutto sull’economia e invadendo il mondo con merce a basso costo. Il consumismo è sempre più sfrenato, nuovi prodotti tecnologicamente avanzati invadono il mercato, i centri commerciali sono affollati di gente affamata di novità. La tecnologia sostituisce la realtà, con effetti sempre più stranianti.

La Ernaux è ormai pensionata e, quando Chirac prende il potere scongiurando il pericolo di un Le Pen alla guida della Francia, inizia a scrivere “Gli anni”, raccogliendo memorie e appunti. Alla stesura del libro che si accinge a scrivere, l’autrice affida la speranza di “salvare qualcosa del tempo in cui non saremo più”.

Resteremo solo nei ricordi, sempre più sbiaditi, di chi verrà dopo di noi, e poi, con tutto quello che ci ha accompagnato, scompariremo per sempre, “nella massa anonima di una generazione lontana”.

Il racconto della Storia e l’analisi sociale s’intrecciano alla ricerca del tempo perduto, fondendosi in una prosa elegante e semplice a un tempo, senza esibizioni compiaciute, ma anche senza falsa modestia. L’eleganza della scrittura di Ernaux si conferma anche nella capacità lapidaria di periodi asciutti, che racchiudono il senso dell’insegnamento tratto dall’esperienza, simili ad aforismi.

Lo stile narrativo di Annie Ernaux è impeccabile, raffinato, rigoroso, apparentemente scarno e nello stesso tempo affascinante: è uno stile che scava fino all’essenziale, privo di banalità, capace di coinvolgere e commuovere nonostante la narrazione in prima persona plurale, che sottolinea la coralità del racconto a discapito di un approccio autobiografico più individuale e intimo.

La voce dell’io scrivente oscilla fra toni sobri, che raccolgono gli eventi con estrema cura e li raccontano con studiata discrezione, quasi si trattasse di oggetti fragili, e toni più cinici, che esprimono disincanto e rammarico per un’umanità futura, apparentemente senza meta e senza bussola.

Quest’ultimo tratto, una sussurrata morte della speranza, può forse lasciare l’amaro in bocca. Ciò che invece non può mutare, nel giudizio critico, è il riconoscimento di un’assoluta qualità letteraria del testo, magistralmente composto e confezionato. Nonostante una struttura narrativa quasi impersonale, infatti, “Gli anni” è una lettura capace di evocare un grado di immedesimazione molto elevato grazie alla capacità di interpretare e rendere in parole lo spirito del tempo che racconta.