La vita intima


“La vita intima” di Niccolò Ammaniti è pubblicato da Einaudi nel 2023.

“La vita intima” ci fa entrare nel mondo patinato di Maria Cristina Palma, considerata la donna più bella del mondo, ex atleta, ex modella di lingerie, giovane vedova di uno scrittore famoso, raffinata ed elegante quarantaduenne con un corpo da urlo e le tette rifatte, attualmente moglie del Primo Ministro italiano Domenico Mascagni. Si tratta della classica donna di rappresentanza, ridotta a oggetto da esibire, esposta quotidianamente all’ondivago flusso mediatico della popolarità. Sotto i riflettori non deve mai sfilare la vera Maria Cristina, ma solo quella che risponde alle aspettative di social e tabloid: va bene che si parli della sua eleganza, del nuovo taglio di capelli, e persino che si vociferi di corna nel suo matrimonio, purché tutto si fermi al pettegolezzo.

D’altra parte, Maria Cristina non se la passa certo male; pigra, frivola e inconcludente, trascorre le giornate tra fitness, abiti, trucco e parrucco, ma la macchina della popolarità e i doveri da first lady la stritolano e la risucchiano, senza riempire il vuoto lasciato in lei dai molti lutti che hanno funestato la sua giovinezza: la madre perduta da piccola, l’amato fratello, il primo marito. L’attuale consorte è troppo preso dal suo ruolo politico e istituzionale e non ha tempo per lei; unica consolazione, l’amatissima figlia Irene.

Il marito nonché Primo Ministro Domenico Mascagni assomiglia a tanti politici del nostro tempo: fissato con l’apparenza, carico di promesse elettorali poco realizzabili, vuole a ogni costo risultare affidabile agli occhi degli Italiani, a cominciare dalla sua vita privata, che deve apparire impeccabile. A tenere sotto controllo la comunicazione della coppia, c’è il Bruco, una figura di social media manager e strategist inavvicinabile, che vive nell’anonimato su un camper con tanti cani randagi, parcheggiato in mezzo al nulla, porta un casco per non farsi riconoscere e ha tutte le caratteristiche di un nerd genialoide e paranoico. Domenico e Maria Cristina non possono muoversi in rete senza la sua approvazione, ma il suo beneplacito è necessario anche per la scelta di un abito per una serata, come se da questo dipendesse il futuro del paese.

Il mondo patinato di Maria Cristina rischia di andare in frantumi quando uno spezzone di passato improvvisamente ritorna, per assumere le sembianze di un incubo, inconsapevole, casuale, disinteressato, o, viceversa, architettato ad arte e con diabolici secondi fini. Reincontra per caso, o forse no, un vecchio amico, con cui ha avuto un flirt in gioventù, Nicola Sarti. Oggi l’uomo è un imprenditore di successo, che mostra con ostentazione il suo arricchimento recente, mentre poco racconta del matrimonio fallito alle spalle e dei figli piccoli. Sembra interessato soprattutto a ricordare il passato condiviso con Maria Cristina e così, un giorno, le manda su WhatsApp un video amatoriale che i due hanno girato anni prima, da ubriachi, durante una vacanza in barca. Benché la registrazione sia stata consensuale, il video è un porno più che esplicito e, data l’esposizione mediatica attuale della donna, rappresenta una specie di bomba a orologeria.

È questo fatto a innescare in Maria Cristina un barlume di reazione, per quanto sgangherata e traballante: basta la sola ipotesi che Nicola possa ricattarla per far sì che il video diventi un pensiero ossessivo, in grado di mettere in crisi anni interi passati a costruire un apparente equilibrio e una rassicurante prevedibilità e capace di dare la stura a comportamenti inaspettati e spiazzanti.

Partono così situazioni equivoche e grottesche, che mettono a dura prova la verosimiglianza. Come ne uscirà Maria Cristina? Lei si sente affondare, ma deve rimanere a galla in un modo o nell’altro, in un mondo in cui la verità è sempre diversa da come ce la raccontano: occorre fare buon viso a cattivo gioco, e agire pensando alle conseguenze.

La discesa nella sua intimità passa attraverso la possibilità che i suoi dettagli più privati e pruriginosi escano dalla camera da letto per andare in pasto al pubblico grazie a internet e ai social, o, cinicamente, possano addirittura aiutare suo marito a vincere le prossime elezioni. E allora, se rimane in fondo un poco di purezza, forse vale la pena di aggrapparcisi con incoscienza. Da ultimo, un’intervista in diretta televisiva diventa la sua resa dei conti e traghetta il lettore verso un imponderabile lieto fine.

Non avevo mai letto Ammaniti, ma solo visto il film “Io non ho paura” tratto da un suo romanzo: argomento tosto, ma non mi era dispiaciuto; in sostanza, ero curiosa, e sono rimasta molto, molto perplessa, praticamente senza parole.

All’inizio, ho pensato si trattasse di una satira sulla vita fasulla dei media e dei social, una critica alla società dell’apparenza, del successo, del tutto facile, della bellezza da copertina, dei falsi sorrisi, della politica spettacolo, però manca del tutto l’ironia, non c’è alcun intento canzonatorio, non arriva il sorriso, neanche a mezza bocca, perché l’autore sembra, al contrario, prendersi molto sul serio e non c’è alcuna nemesi, nessun recupero, nessun riscatto.

Se non si tratta di satira, bisogna pur dire che questa Maria Cristina, noiosamente sempre chiamata col doppio nome, così bella e irrimediabilmente cretina, non è un personaggio molto credibile, perché non si tratta semplicemente di una vacua scioccherella superficiale, cresciuta tra gli agi, ma proprio di una minus habens, col cervello di un insetto. La poverina è confusamente infelice, il marito la trascura e forse la tradisce, ma lei è incapace di disincagliarsi dalla sua condizione di soprammobile, senza per questo suscitare, non dico la simpatia, ma nemmeno l’umana comprensione del lettore. Al contrario, il solo desiderio che suscita è di prenderla per il bavero e darle una bella scrollata. A un certo punto ho percepito addirittura un intento autoriale misogino e denigratorio, perché raccontare un tale livello di stupidità è un insulto per tutte le donne, e anche perché l’intero mondo femminile è dipinto con grande squallore.

Intorno a questa assurda protagonista, infatti, troviamo personaggi collaterali secondo cliché: altre donne ovviamente invidiose e cattive, il fantasma di un’antica compagna di scuola, bulla e coatta, che le fa da voce della coscienza, un’inutile assistente lesbica che le sparla alle spalle; si salva una incongrua santona indiana, parrucchiera a tempo perso, incomprensibilmente benevola verso di lei.

Quanto agli uomini che ruotano intorno a Maria Cristina, sono ovviamente ricchissimi e bellissimi, come il marito e l’ex di ritorno, oppure misteriosi e potenti come il Bruco, o apparentemente al suo servizio ma in realtà dispotici, come il parrucchiere isterico e il personal trainer maldestro, ma tutti, invariabilmente, pronti a darle ordini a cui lei, supina, si assoggetta, in omaggio alla più arcaica e retriva fantasia erotica maschile, che si può riassumere nel classico: «Adesso fai quello che ti dico.» L’unico che la ama da sempre di puro amore canino è il povero Luciano tuttofare, disgraziatamente privo di mezzi, in pratica poco più di un servitore, che chiaramente lei tratta come una pezza, servendosene al bisogno senza troppi scrupoli.

La storia si dipana tra la banalità dilagante di ambienti e persone, e vicende poco credibili innescate dalla protagonista che non ne imbrocca una, e riesce a mettersi in situazioni tanto improbabili quanto stucchevoli. Il tutto è reso più greve da una vena snobistica, che attraversa il racconto dalla prima all’ultima pagina, cancellando la gente comune e ignorando qualsiasi sensatezza di ordine finanziario, con lo sfacciato sottinteso che tutti possano permettersi tutto senza un pensiero: dal vomitare senza riguardo sull’abito Dior indossato per la prima volta, ad accollarsi le spese di ricovero e intervento chirurgico di uno sconosciuto in una clinica di lusso.

In questo mondo ricco e vacuo, dove il maggior cruccio è quale abito indossare, tra incontri con ministri, serate a teatro e resort di lusso, non possono mancare le inevitabili scene di sesso, tanto di moda quanto obbligatorie negli scritti contemporanei, inutilmente esplicite e descritte con dettagli volgari e purtroppo riconducibili al solito cliché della donna sottomessa e compiacente.

Non c’è da illudersi che arrivi, per la protagonista, alcun riscatto, e anche il barlume di reazione che ci mostra nelle ultime pagine, quando tutto sembra irrimediabilmente perduto, pare più il riflesso della rana bollita di Chomsky, che una salvifica presa di coscienza. Il finale arriva sbrigativo, lasciando in sospeso molti aspetti del racconto, mentre l’autore si dilunga in descrizioni superflue.

Il linguaggio è scorrevole ma naviga sempre e solo in superficie, inzuppato di cliché, ripetizioni, stereotipi, volgarità del tutto gratuite, descrizioni ridondanti e noiose, metafore tanto stravaganti quanto di cattivo gusto e un’interruzione simile a uno spot pubblicitario, a cura del narratore onnisciente, durante una fase topica della storia, per inserire un piccolo episodio autobiografico, narrato in prima persona, apparentemente del tutto incongruo rispetto alla storia principale.

«Niccolò Ammaniti è ritornato più cattivo, divertente e romantico che mai» recita la presentazione di Einaudi; le recensioni sui giornali sono tutte trionfali, quelle dei lettori, sulle diverse piattaforme online, sono spaccate più o meno a metà.

Deve esserci un senso, forse sono io che non l’ho capito, mi sono detta alla fine.

In un’intervista all’autore, ho letto che “La vita intima” è un romanzo sull’autenticità, contro il dilagare dei social che porta gli individui alla schizofrenia tra l’essere e l’apparire, all’inseguimento del consenso altrui. Sarà. In effetti la materia c’era, ma, tra le pagine, io percepisco invece un uomo che vorrebbe spiegare la psiche di una donna e invece ne parla da uomo, descrivendo la mente, il sesso e il corpo femminile con aggettivi scontati, prevedibili, stantii. Mi è rimasta l’impressione deludente che l’autore volesse scrivere un libro urticante e gli sia venuto, invece, più banalmente fastidioso.