Maschi auspicabili


Quando, alla prima ecografia, mi dissero senz’ombra di dubbio che era un maschio, fui colta dal panico; molto felice della mia gravidanza, non mi ero soffermata a riflettere sul sesso del nascituro, ma ora, improvvisamente, provavo un vivo senso di inadeguatezza: in fondo, avere a che fare con una femmina come me mi pareva più rassicurante, mentre un maschio… che ne sapevo io di un piccolo maschio?

Io i maschi li avevo conosciuti da grande, come l’altra metà del cielo. La lapidaria pacatezza del mio compagno di vita e futuro padre, diradò con poche parole, almeno per il momento, le mie nuvole. «Guarda che non nasce mica già grande» sentenziò tranquillizzante con la ieratica saggezza di Gandalf il Grigio. Come dargli torto?

Poi i maschi sono diventati due e la loro crescita è stata per me un’esperienza di evoluzione personale molto appagante da tutti i punti di vista, compreso quello della differenza di genere, che non avevo messo in conto, ma si è rivelato sommamente istruttivo; sì, perché vedere piccoli uomini che crescono, a una donna spiega molto di come poi diventano da grandi, non solo i suoi figli, ma gli uomini in generale.

Dal punto di vista educativo, credo che, a prescindere dal genere, ciò che più conta resti l’esempio; l’atmosfera che respirano dentro casa, il clima che c’è tra i genitori, i rapporti fra loro, come si parla, quel che si fa e non si fa, sono gli aspetti che danno l’imprinting ai piccoli. Più avanti conterà ovviamente anche il mondo di fuori, ma le basi, la struttura portante, viene da lì e, come noto, i primi tre anni sono fondamentali.

Questo non significa che si deve vivere con l’ansia di sbagliare: l’errore è inevitabile, dato che i genitori sono umani, ma il bello, coi figli, è che si può rimediare immediatamente, modificando un comportamento del quale ci si è pentiti; la crescita del piccolo coincide così con la nostra formazione di adulti consapevoli e, a parte la fatica, la gioia è immensa e l’evoluzione reciproca è assicurata.

Il fatto è che, coi figli, ben più del saper fare (che può essere allenato), conta il saper essere, perché è inutile che ci facciamo illusioni e ci raccontiamo che tanto sono bambini e non capiscono: la verità (terrificante o sublime a seconda dei punti di vista…) è che i figli sanno tutto di noi e soprattutto sanno chi siamo, ben più di quanto noi sappiamo chi siano loro. E, tuttavia, non dobbiamo trattarli da adulti, (a meno che non lo siano, ovviamente!), perché finché sono bambini hanno diritto alla nostra protezione.

Confesso che, all’inizio, non avevo così chiaro il tema dell’educazione di genere, ma, come madre di maschi, mi sono spesso sentita la responsabilità di come sarebbero diventati da adulti, e di quale idea del femminile, volontariamente o no, avrei “imprintato” nelle loro menti.

Ricordo la mia insegnante di storia e filosofia del liceo, madre di un maschio e di una femmina quasi coetanei fra loro, che raccontava di come i suoi figli, allora preadolescenti, si ribellassero con forza quando assegnava loro compiti per così dire scambiati rispetto ai modelli tradizionali, per esempio chiedendo a lui di apparecchiare la tavola e a lei di andare in cantina a prendere il vino: a dimostrazione di come, nonostante fossero poco più che bambini e figli di genitori sicuramente attenti, avessero già introiettato gli stereotipi dominanti.

E non posso dimenticare certe sopracciglia aggrottate di anziani in famiglia, quando Babbo Natale lasciò davanti al camino di casa nostra una magnifica cucinetta gialla, completa di pentolini e di tutto il necessario per il gioco del far da mangiare, con la quale i miei figli maschi, all’epoca di due e quattro anni, si sono divertiti molto a lungo.

Come sempre, purtroppo, niente ricette per crescere maschi auspicabili, ma mescolare un poco le carte è sicuramente molto utile, così come sostenere precocemente la loro autonomia: per un figlio maschio una madre troppo accudente può rappresentare un modello di donna sottomessa e dedita alle virtù domestiche come fosse la sua vocazione naturale. Meglio far passare il messaggio che l’amore non è un servizio, ma un dono e un aiuto per diventare indipendente.

A partire dagli otto, nove mesi, i bambini, di entrambi i sessi, cominciano a buttare gli oggetti per terra, con aperte manifestazioni di giubilo e inevitabile esasperazione dei genitori, che sono comprensibilmente tentati di intervenire e sgridare, come si trattasse di un dispetto: in realtà il piccolo sta sperimentando due leggi essenziali per la sua crescita, la legge di causa – effetto (se tiro il cucchiaino, cade) e la legge di gravità (gli oggetti lanciati non volano e non si fermano a mezz’aria, ma arrivano sul pavimento). Ci vuole pazienza, in questa fase raccattare gli oggetti da terra, possibilmente con un sorriso, sarà inevitabilmente compito degli adulti.

Ma più avanti è molto importante insegnare al piccolo che le cose hanno un posto dove stare, compresi i suoi giocattoli e, quando ha finito di giocare, deve rimetterli via; la cosa vale per maschi e femmine, ma, se la madre finisce sempre per mettere ordine al posto del figlio, nei confronti del maschio il messaggio sarà davvero deleterio. Potrebbe pensare che riordinare casa sia un compito da femmine.

Se invece “mettere via” diventa parte della sua routine quotidiana, in futuro, superata la buriana dell’adolescenza (sulla quale è inutile azzardare previsioni) è probabile, anche se non certo, che il seme a suo tempo piantato dia frutto, e riemerga l’idea che l’ordine e la pulizia della sua stanza e, in futuro, della sua casa, dipendano unicamente da lui; difficilmente sarà l’ordine che vorrebbe mamma, ma su questo bisognerà essere elastici, perché già così è un gran successo: per l’autonomia e per la parità dei ruoli, sia quelli presenti (madre-figlio) sia quelli futuri (nella coppia).

Quindi, ricapitolando, alcuni indirizzi utili alla mamma per la crescita di maschi auspicabili, possiamo trovarli: proporre giochi vari, non connotati rispetto al genere, contenendo, per quanto possibile, armi giocattolo e tenzoni guerresche; sostenere la capacità di mettersi nei panni degli altri, favorire la sua autonomia, evitando di mettersi sempre al suo servizio, non appena avrà l’età per affrontare ciascun progresso di indipendenza, dal mettere via i giocattoli, a riordinarsi la stanza, a preparare compiti e lezioni per la scuola.

È inoltre importante orientare l’esuberanza fisica verso i giochi all’aperto e la competitività verso la pratica di sport di squadra che sono estremamente educativi, ovviamente a meno che papà e mamma non sbraitino sugli spalti, insultando gli avversari o azzuffandosi coi di loro genitori, il che, va da sé, sarebbe sommamente diseducativo per la crescita di un uomo decente.

Infine, come madri di maschi, potrebbe essere strategico chiederci che suocera vorremmo o avremmo voluto…argomento spinoso, lo so, ma, se ci pensate, molto utile; pensiamo a come vorremmo che fosse il rapporto fra il nostro compagno e la di lui genitrice e operiamo per costruire un rapporto del genere col nostro figlio maschio. La madre dovrebbe essere amorevole ma non appiccicosa, presente ma indipendente, una donna che si fa rispettare e che, a sua volta, rispetta il figlio riconoscendone gli spazi, le scelte e l’individualità.

Come ho già detto, in materia di educazione, il saper essere conta di più del saper fare, perciò bisogna aver chiaro che il figlio di una coppia che grida, litiga e si insulta, penserà che quello sia il modo normale di relazionarsi con gli altri e, crescendo, probabilmente griderà, insulterà e litigherà.

E il figlio maschio di una donna che in famiglia accetta un ruolo subalterno e sottomesso, da grande riproporrà nella coppia i comportamenti appresi dai suoi genitori. Non sto parlando di violenze o maltrattamenti, questioni drammatiche che richiedono un ragionamento a parte; sto parlando, più banalmente, di una coppia squilibrata nei ruoli, il che non significa necessariamente che si tratti di una coppia disfunzionale, ma comporta, per il figlio, il messaggio implicito degli stereotipi dominanti del maschile e del femminile, che tenderà a riprodurre una volta adulto.

Perciò, se, come madri, vogliamo crescere un maschio auspicabile, dobbiamo prima di tutto farci un mucchio di domande su di noi e sulla relazione col nostro compagno e, possibilmente, trovare qualche risposta convincente.

Naturalmente serve anche un padre che sia a sua volta un maschio auspicabile, perché non tutta la responsabilità può essere di mamma…

Lo so, non poteva essere più difficile di così, ma quale cosa bella, nella vita, non ha un prezzo alto?


Sai da dove vieni?
… vicino all’acqua d’inverno
io e lei sollevammo un rosso fuoco
consumandoci le labbra
baciandoci l’anima,
gettando al fuoco tutto,
bruciandoci la vita.
Così venisti al mondo.
(…)
Da tanti luoghi vieni,
dall’acqua e dalla terra,
dal fuoco e dalla neve,
da così lungi cammini
verso noi due,
dall’amore che ci ha incatenati,
che vogliamo sapere
come sei, che ci dici,
perché tu sai di più
del mondo che ti demmo.

(Versi tratti da “Il figlio” di Pablo Neruda)