Costantinopoli, X secolo. Giovanni non ha ancora dieci anni quando, lanciato per le strade alla ricerca dell’amico Michele, s’imbatte in sangue e cadaveri, e nella scoperta drammatica che l’amico non tornerà più. Ed è ancora un bambino quando il padre, Teofilo Curcuas detto Zimisce, torna a casa “con i polmoni pieni di grumi neri” e lui viene mandato a vivere dagli zii materni, i Foca, affinché sia addestrato a combattere.
Giovanni Zimisce diventa con il tempo un valoroso condottiero e combatte con coraggio per l’Impero bizantino accanto agli zii che l’hanno cresciuto, Niceforo, il generale più brillante della sua epoca, e Leone Foca. Ma tra i Foca e i Curcuas non corre buon sangue e i parenti del padre lo considerano un traditore; quando la moglie muore di parto insieme al bambino, a Giovanni non resta altro scopo se non combattere, col valore e l’abnegazione che supportano la sua brillante carriera militare.
Condottiero abile e pieno di coraggio, rischia la morte durante un agguato e, mentre è moribondo sul campo di battaglia, viene salutato da una strega come Strategos d’oriente (comandante), Domestikos degli Anatoli (generale) e infine come Basileus Ton Romaion (Imperatore dei Romei). Quella profezia lo turba e gli pare un inganno, ancor più quando al trono imperiale salirà l’amatissimo zio Niceforo. Non può essere davvero ciò che il destino ha in serbo per lui, figlio reietto di una delle famiglie dominanti, ma allevato dai fratelli della madre, che appartengono alla fazione opposta, e per sempre conosciuto come Zimisce, il nomignolo dispregiativo che già era stato di suo padre.
Cercando di sfuggire a un destino che non sembra il suo, Giovanni Zimisce attraversa gli anni e i campi di battaglia portando a compimento una carriera militare folgorante attraverso riconquiste di territori perduti, in un continuo crescendo della gloria del suo successo. Ma la misteriosa profezia sarà rinnovata altre due volte, grazie all’incontro con altre due streghe, fino a metterlo davanti alla scelta terribile che lo aspetta.
La vita da soldato di Giovanni ha inizio quando è ancora bambino, ed è segnata dall’invenzione letteraria dell’ingiusta e crudele morte dell’amico Michele, che scatena in lui la rabbia, una furia atavica che, più avanti negli anni, unita alle esperienze della vita adulta, ai massacri e alle battaglie, ma anche alla perdita della moglie Maria Scleraina e del figlio, lo guida sui campi di battaglia, negli incontri di palazzo, nelle relazioni con imperatori e pari, permettendogli d’intercettare gli intrighi e i movimenti del potere.
Una rabbia che eccede in crudeltà, come nel caso del massacro sulla strada per Adana, e che lo renderà «quel demonio armeno, quella bestia senza pietà» che, in assonanza col Macbeth, spesso citato dall’autrice, prenderà una decisione terribile proprio nei confronti del suo mentore Niceforo.
La storia di Giovanni uomo e di Zimisce il condottiero, «nato sotto il segno dei rettili, delle trattative segrete, del vizio», nonostante il coraggio e la crudeltà nelle battaglie, è attraversata dalla sensazione del protagonista di non meritare la corona cui pare essere predestinato. «Per quanto ti opporrai al compiersi del tuo destino? La prima volta non eri pronto ad ascoltare, vero? Ma oggi lo sei. Il tuo destino ti attende».
La parabola storica ed esistenziale di Giovanni Zimisce accompagna il lettore nell’Impero romano d’Oriente del X secolo, tra atmosfere avvolgenti e profumi di «alloro, rose e olio d’oliva», ma anche tra crudeltà e tanfo di sangue e di morte. Attraverso alberi genealogici e trame familiari, la mappa di quelle antiche terre e gli intrighi della Città, come sempre viene nominata Costantinopoli, l’autrice intreccia storia e letteratura, personaggi realmente esistiti e altri frutto di fantasia, come le tre streghe portatrici della profezia.
È una storia di coraggio, di amore e di guerre, un romanzo storico tra il mare del Bosforo e le terre d’Anatolia, il racconto di un’epoca misteriosa e affascinante, poco nota ai non addetti ai lavori.
Voglio cominciare col dire che si tratta di un oggetto-libro accattivante come capita di rado, a partire dalla copertina dall’immagine raffinata e dal tatto piacevolissimo. L’esterno richiama perfettamente l’interno, dove la narrazione si snoda attraverso una scrittura che presenta la stessa ricercata accuratezza e la stessa pulita eleganza dell’involucro. Una scrittura evocativa, che si serve del presente per costruire un ritmo quasi di cronaca, ma non si limita agli avvenimenti esterni, e, al contrario, entra ed esce dai personaggi con sapienza, grazie a frasi brevi, concise, schiette e pulite, dando vita a un racconto ricercato e scorrevole al tempo stesso.
Originale l’uso della terminologia greca (strategos, basileus, domestikos, …), che crea un piacevole effetto immersivo ed evocativo dell’epoca narrata. Consigliato a chiunque ami i romanzi storici e uno stile elegante e raffinato che richiama i classici.
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